La tutela della sicurezza nazionale costituisce la missione primaria e riconosciuta delle agenzie di intelligence in ogni Paese.
Dal punto di vista del giurista si può tuttavia affermare, senza timore di smentita, che pochi concetti rivestono pari complessità, anche se singolarmente nel nostro contesto culturale tale complessità, che si associa all'importanza critica della definizione, cui non sfuggono rilevanti risvolti pratici, non ha trovato finora adeguati percorsi di approfondimento.
Com'è intuitivo, infatti, ammesso che si arrivi ad una definizione costituzionale di sicurezza nazionale, non ne esiste un concetto solamente giuridico, ma il suo profilo essenziale sembra trovare collocazione piuttosto nella sfera dell'esercizio del potere politico, sia esso quello dell'Esecutivo ovvero del Parlamento.
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Per queste ragioni, il significato della definizione (sicurezza nazionale) certamente varia in relazione alla forma dei singoli Stati e al mutare dei contesti storici e delle priorità.
Se da un lato si può affermare che nei paesi di lunga tradizione democratica, a forte coesione sociale, connotati da un intenso senso di appartenenza dei cittadini alle Istituzioni, tale concetto conserva una sua stabilità nel tempo, dunque è più agevole l'opera degli interpreti per disegnarne caratteristiche e confini, considerazioni opposte valgono per quelle situazioni in cui emergono conflittualità tra i legittimi poteri, fragilità, vulnerabilità, nonché condizioni storiche di distacco tra cittadini ed establishment politico, tutti fattori che aumentano la possibilità di una interpretazione (e, ciò che più conta, di applicazione) fortemente discrezionale dell'idea che ci interessa.
Gli studiosi, soprattutto del mondo anglosassone
(2) , hanno invece tentato di proporre un'analisi approfondita del concetto di sicurezza nazionale, accettando comunque come base comune il presupposto del substrato morale e ideologico della definizione, nonché il suo ricadere in una sfera essenzialmente politica.
Da questo punto di vista, sono state ipotizzate due principali chiavi di ricerca: l'una, collegata ai valori fondanti della comunità, che nella maggior parte dei casi corrispondono a principi e dichiarazioni formalizzate in un testo costituzionale; l'altra, di carattere per così dire più empirico, mirata a definire il concetto di sicurezza nazionale attraverso lo studio dell'impatto concreto della sua applicazione, esaminando cioè quali sono i soggetti che si avvalgono di tale clausola, con quali procedure, nell'esercizio di quali poteri, entro quali confini legislativi e con quali controlli.
Quanto alla prima impostazione, essa muove in un contesto che è prettamente giuridico, ma non trascurabilmente suscettibile di approdi diversi. In questo senso, vede convivere al suo interno punti di vista non coincidenti. Da una parte esiste lo Stato, considerando solo per brevità omologo il diverso concetto di Nazione, dall'altra la sicurezza. Il punto cruciale sul quale le differenti teorie divergono è nel giudizio sulla possibilità che la tutela della sicurezza nazionale, intesa come garanzia del raggiungimento dei fini dello Stato come tutore dell'ordine costituzionale, entri in conflitto, ancorché giustificato, con i diritti dei singoli. Ritengono alcuni, infatti, che i diritti civili e politici dei cittadini debbano essere considerati parte integrante del concetto stesso di sicurezza nazionale.
La questione, che si radica nella tradizione filosofica e nella storia della teoria politica, riflette a ben vedere un'importante differenza di pensiero. Se da una parte si ritiene il riferimento allo Stato-apparato sostanzialmente inaccettabile e potenzialmente autoritario
(3) , in quanto in contrasto con l'altra visione, ritenuta meglio compatibile con la democrazia parlamentare, in cui libertà civili e diritti dell'uomo costituiscono indissolubilmente il cuore di un concetto di sicurezza fondato sulla legittimazione morale dello Stato, inteso come Stato-comunità, dall'altra parte si argomenta invece che l'interesse collettivo possa determinare, ancorché temporaneamente, il sacrificio del diritto dei singoli per il raggiungimento del bene comune.
Si tratta insomma di un terreno di confronto, sul piano teorico, certamente ricco di implicazioni di non semplice soluzione, tale che, in luogo di tentare di elaborare, come già accennato, un concetto di sicurezza nazionale valido per ogni circostanza, più convincente appare la differente posizione tesa a ricercare la sua rilevanza in ogni concreta situazione in cui tale interesse viene in gioco, nel contesto delle regole costituzionali vigenti.
È d'altro canto evidente che le due impostazioni possono trovare un punto d'incontro nell'affermazione dei criteri di proporzionalità e di controllo democratico, perché non v'è chi non veda che non può essere escluso a priori che una situazione di crisi preveda temporaneamente la possibilità di eccezioni.
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Il concetto di stato di necessità, in tali casi, è quello più frequentemente evocato, in primis in circostanze belliche, come anche le vicende statunitensi del dopo undici settembre hanno mostrato.
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Va d'altro canto considerato come certamente miope
(6) debba essere considerato l'approccio di coloro che hanno ritenuto di vedere nei grandi progressi, durante l'ultimo decennio, dell'ordinamento internazionale, dell'Unione Europea e dei singoli stati nazionali, in settori di straordinaria importanza quali la tutela dei diritti umani, la privacy dei cittadini, la salvaguardia delle libertà fondamentali, l'affermazione di principi di trasparenza, la libera circolazione delle persone e delle informazioni, la libera espressione del pensiero e dei culti, il diritto ad un giusto processo, elementi di sostanziale incompatibilità con l'eccezione legale della tutela della sicurezza nazionale, senza considerare come proprio rinunciare a risolvere gli evidenti profili di criticità di interessi statuali apparentemente in conflitto nel quadro di adeguati bilanciamenti e con tutte le necessarie garanzie rischia di aprire la prospettiva di una compressione delle libertà di fronte a minacce ed emergenze impreviste. Mentre la vera sfida per le democrazie, che sui valori sopra elencati fondano l'etica dei propri ordinamenti, è quella di tutelare la sicurezza mantenendo intatto il profilo delle libertà.
In realtà, occorre anche tenere conto che il concetto di sicurezza nazionale, nell'esperienza concreta, ha valicato i propri incerti confini per estendersi, in alcuni casi, al concetto di difesa nazionale o di tutela dell'interesse nazionale
(7) . In queste circostanze, la complessità della fattispecie si amplia ove solo si consideri, relativamente al concetto di difesa nazionale, l'esperienza di alcune potenze che hanno esercitato un forte dominio strategico e che hanno inteso estenderne la portata, sul piano internazionale, ben al di là della difesa dalle ingerenze straniere e/o dell'indipendenza del proprio territorio da attacchi militari. Analogamente, per ciò che concerne l'interesse nazionale. Mentre è certamente legittimo considerare la prosperità economica come un importante interesse nazionale da perseguire attraverso la competizione anche sul piano internazionale, profili di criticità sul piano dei principi possono manifestarsi se obiettivi economici e sicurezza nazionale vivono una concreta assimilazione.
Ciò posto su un piano teorico generale, ci si può domandare, riferendosi all'esperienza costituzionale italiana, quali siano le ragioni per le quali la nostra dottrina giuridica, pur disponendo di indizi sparsi nel testo costituzionale
(8) e poi, a far data da un certo periodo, anche di pronunce della stessa Consulta
(9) , non ha approfondito, come già ricordato, la ricerca di indicatori precisi che possano portare all'identificazione di un significato giuridico di sicurezza nazionale.
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È un fatto che l'opera ermeneutica degli interpreti più sensibili, che ha ricercato ed individuato nella sintesi dei valori di cui il testo costituzionale è espressione gli aspetti qualificanti della fattispecie, è rimasta sostanzialmente marginale, se è vero che, in tempi recentissimi, per ben tre volte la Corte Costituzionale è dovuta intervenire in sede di conflitto di attribuzione, sulla medesima vicenda, relativa ad un segreto di Stato opposto e confermato dall'Autorità di governo, e condiviso dal Comitato Parlamentare di controllo, per la reiterata volontà dell'Autorità Giudiziaria confliggente di superare la barriera del segreto apposto per la tutela della sicurezza nazionale.
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Sembra posto in discussione, in realtà, l'insegnamento di quei grandi maestri che hanno collocato il concetto di sicurezza nazionale sul piano dei grandi valori di fondo della vita sociale, sulla cui base muovono tutti gli altri diritti.
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È un'ipotesi dunque suffragata da qualche riscontro che un deficit di cultura istituzionale abbia ostacolato nel nostro Paese l'elaborazione di riferimenti sufficientemente certi per una categoria che, se non è solamente giuridica, “trova di sicuro nella summa dei valori di cui è espressione la Costituzione la sua sede naturale, secondo un'impostazione dunque al medesimo tempo deontologica e normativa, imparziale in quanto non dipendente dalle partes, coeva alla necessità di tutela di un valore supremo che fa parte del patrimonio della comunità nella sua interezza, senza che ciò determini un riflusso nella neutralità, che non si addice allo Stato, il quale persegue fini ben precisi ed è inserito in un contesto di alleanze internazionali che deve onorare
(13) ”.
Diversamente, il concetto di sicurezza nazionale trova nelle fonti internazionali un riconoscimento univoco
(14) , in netta prevalenza sugli altri valori. Ne sono testimonianza, tra gli altri, importanti documenti, come ad esempio l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo del '50, sottoscritta a Roma, che consente limitazioni alla tutela della vita privata per ragioni di sicurezza nazionale, l'articolo 10 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
(15) e l'articolo 19 del Patto internazionale sui diritti civili e politici
(16) , senza considerare le numerose fonti dell'Unione europea, iniziando dall'accordo di Schengen
(17) , nel cui ambito il bilanciamento tra diritti delle persone ed esigenza di sicurezza ha un primario rilievo.
La questione, tuttavia, è suscettibile di importanti sviluppi che rappresentano, rispettivamente per l'aspetto interno e per quello internazionale, i prodromi di un'evoluzione del concetto di sicurezza nazionale come verrà probabilmente proponendosi negli anni a venire, i cui aspetti innovativi già necessitano di approfondimento e di studio.
Con riferimento al profilo interno, ad esempio, ci si dovrebbe domandare se alla luce del ragionamento che si è cercato di delineare e, non di meno, del tenore dell'articolo 114 della Costituzione di recente riscrittura
(18) non sia da considerare superato il riferimento alla “sicurezza dello Stato” per definire quell'idea di protezione di interessi essenziali della comunità che abbiamo tentato di descrivere. E non si configuri viceversa più appropriato, secondo la nostra Costituzione, riferirsi alla sicurezza della Repubblica quale complesso di valori di cui la Costituzione è espressione e traduzione concreta
(19) , con tutti gli sviluppi che partendo da tale novità è possibile immaginare
(20) .
L'affermazione del principio di sussidiarietà, la nuova configurazione soggettiva introdotta dal nuovo testo dell'art. 114 della Costituzione relativamente agli elementi costitutivi della Repubblica, aprono uno scenario certamente nuovo quanto alla definizione contenutistica del concetto di sicurezza, che si riflette in qualche modo sui grandi filoni di pensiero che abbiamo ricordato all'inizio. Tutti ricordano come l'obiettivo dichiarato delle formazioni terroristiche attive nel nostro Paese tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 fosse “portare l'attacco al cuore dello Stato”, secondo una logica in un certo senso speculare a quella visione che intendeva definire lo Stato solamente nei suoi contenuti di Stato-apparato. Viceversa, la nuova definizione, anche formale, dei connotati della Repubblica non può che far discendere un nuovo concetto di sicurezza, che si caratterizza come l'insieme dei valori della convivenza civile, dei rapporti fra le comunità, dell'ordinato svolgersi della vita pubblica.
Quanto al versante internazionale, si è posto di recente il problema dell'efficacia degli strumenti del sistema di prevenzione quando questo deve estrinsecarsi nei confronti di soggetti controindicati per la sicurezza di altri Stati, nel caso in cui questi si trovino in uno Stato terzo. È l'ipotesi, ad esempio, di persone legate a movimenti terroristici che tuttavia non svolgono nello Stato di residenza alcuna attività illegale. Il problema riguarda marginalmente il diritto penale
(21) , che dispone di una sua strumentazione di cooperazione giudiziaria, ma soprattutto il campo amministrativo, quando sia rimessa alla volontà discrezionale dello Stato concedere o denegare determinati status, come per esempio accade in materia di cittadinanza, immigrazione, espulsione dello straniero.
Recenti tendenze della giurisprudenza inglese
(22) propongono interessanti spunti di riflessione, essendo giunte a ravvisare una minaccia alla national security anche quando questa sia diretta contro altri paesi, utilizzando mezzi, come il ricorso al terrorismo, che la Gran Bretagna condanna collettivamente nella comunità internazionale attraverso la sottoscrizione di numerosi patti e trattati. “Un Paese che cerca di proteggersi dal terrorismo internazionale” argomenta la Corte “non vi riuscirà se le sue difese sono limitate al suo territorio. Le attività dei terroristi internazionali all'estero, che colpiscano o meno gli interessi britannici, costituiscono una preoccupazione per il Governo poiché la sua politica deve essere, ed è, quella di adoperarsi al fine di garantire la cooperazione nella lotta al terrorismo”.
Si tratta, a ben vedere, di una prospettiva interessante e radicalmente innovativa, un vero concetto nuovo di sicurezza nazionale, posto oggi al centro dell'attenzione proprio dagli avvenimenti terroristici della fine del 2001, che cade del resto in una fase storica in cui è forte la spinta verso l'affermazione di giurisdizioni penali internazionali
(23) , anche se difficoltà permangono per una definizione univoca di terrorismo nelle sedi internazionali
(24) .
L'epoca dei conflitti globalizzati non potrà non spingere nella direzione di una globalizzazione del concetto di sicurezza che sta gia spostando i propri confini al livello sovranazionale. Per il mondo del diritto, così come già avviene per quanto riguarda ad esempio la disciplina giuridica delle nuove tecnologie e dei nuovi media, si profila l'impegno di una inversione nel processo usuale delle fonti, che realisticamente muoveranno sempre più da una disciplina internazionale e/o comunitaria dalla quale dipenderà poi la costruzione della dimensione nazionale.